Il programmatore Shuman
non provò neppure ad accelerare il corso delle cose. Loesser era un
tradizionalista. Molto tradizionalista. E gli piaceva avere a che fare con i
computer, così come era stato per suo padre e per suo nonno. Sopratutto controllava la corporazione dei
computer dell’Europa occidentale e se si fosse riusciti a persuaderlo della
bontà del Progetto Numero questo semplice fatto avrebbe costituito un gran
passo in avanti.
Loesser però era
titubante.
«Non sono sicuro di
trovarmi d’accordo con l’idea di allentare la presa sui computer», disse a
Shuman, «perché la mente umana è qualcosa di capriccioso. Il computer, al
contrario, fornisce invariabilmente la stessa risposta alla stessa domanda.
Ogni sacrosanta volta. Che garanzie abbiamo che la mente umana si comporti allo
stesso modo?»
«La mente umana,
sovrintendente Loesser, si limita a elaborare dei fatti. Cosa cambia se a
compiere l’operazione è la mente umana o una macchina? Entrambi non sono che
strumenti.»
«Sì, sì, è vero. Ho visto
la sua ingegnosa dimostrazione del fatto che la mente umana può replicare le
operazioni del computer, ma per essere sinceri mi sembra aria fritta. Capisco
che sia valida in teoria, ma che garanzie abbiamo del fatto che possa essere
convertita nella pratica?»
«Ritengo vi siano i
presupposti per crederlo possibile, signore. Dopo tutto i computer non sempre
sono esistiti. Gli uomini delle antiche civiltà certo ne erano privi e anche le
ferrovie sono state inventate prima del computer.»
«Visto che non ce n’era
bisogno...»
«Sa bene che non è così.
Non si poteva costruire una ferrovia o una ziggurat senza l’esecuzione di
calcoli, che devono per forza essere stati eseguiti senza computer, perlomeno
nel senso in cui li intendiamo oggi.»
«Secondo lei calcolavano
nel modo che mi ha fatto vedere?»
«Non è detto. Dopo tutto
questo metodo, che noi chiamiamo grafitico
dal greco antico graphos che
significa “ciò che è scritto”, è stato sviluppato dai computer stessi, perciò
non può essere antecedente alla loro comparsa. E tuttavia anche le civiltà
antiche dovranno pur essere state in possesso di un qualche metodo, non trova?»
«Conoscenze perdute! Se è
venuto qui per parlarmi di conoscenze perdute...»
«Niente affatto. Non sono
uno di quei tipi che vanno in cerca delle conoscenze perdute, pur ammettendo
che qualcosa di vero debba esserci. Dopo tutto, l’uomo mangiava i cereali anche
prima delle colture idroponiche, e se le popolazioni antiche mangiavano i
cereali, devono per forza averli coltivati nel terreno. Altrimenti in quale
altro modo sarebbe stato possibile avere delle piantagioni?»
«Non lo so, però crederò
nella coltivazione sul terreno quando vedrò con i miei occhi qualcuno che
pianta un seme in terra. Così come crederò che si possa accendere il fuoco
sfregando due pietre solo se lo faranno davanti a me.»
Shuman si avvide che
doveva essere conciliante.
«Per il momento
limitiamoci al grafitico. Si tratta in definitiva solo di una parte del
processo di dematerializzazione. Il trasporto per mezzo di apparati ingombranti
sta lasciando il posto allo scambio di materia. Gli strumenti di comunicazione
divengono così più snelli ed efficienti ogni giorno che passa. Consideri
soltanto le dimensioni del suo computer tascabile con quelle di un sesquipedale
macchinario di mille anni fa. Chi ci impedisce di pensare, in ultima analisi di
liberarci in via definitiva anche dei computer? Ci pensi, signore, il Progetto
Numero è un concetto fluido: il progresso è sempre un passo avanti. Però
abbiamo bisogno del suo aiuto. Se il patriottismo non è sufficiente a
convincerla, consideri la sfida intellettuale che le viene proposta.»
La replica di Loesser fu
scettica: «Di quale progresso stiamo parlando? Cosa è in grado di fare oltre a
una semplice moltiplicazione? Riesce a risolvere una funzione trascendente?
«Con il tempo, signore.
Con il tempo. Nel mese scorso ho appreso a risolvere le divisioni: posso
determinare, senza errori, quozienti interi e decimali.»
«Quozienti decimali?
Quanti?»
Il programmatore Shuman
si sforzò di mantenere un tono noncurante mentre rispondeva: «A piacere.»
Loesser
rimase a bocca spalancata: «Senza un computer?»
«Mi dica un’operazione
qualunque.»
«Divida ventisette per
tredici. Fino al sesto decimale.»
Cinque minuti più tardi
Shuman disse la risposta: «Due, virgola zero sette nove sei due tre.»
Loesser controllò.
«Devo confessare che sono
sconcertato. La moltiplicazione non mi aveva fatto un’impressione eccessiva
poiché, dopo tutto, riguardava dei numeri interi, e pensavo che dietro potesse
esserci qualche trucco. Ma i decimali...»
«E non è tutto. C’è un
nuovo sviluppo che, per il momento, è top secret e del quale, a onor del vero,
non sarei autorizzato a parlare. Fatto sta che... potremmo aver fatto breccia
sul fronte della radice quadrata.»
«Della radice quadrata?»
«Ci
sono ancora degli inciampi sul percorso e dobbiamo limare gli angoli, tuttavia
il tecnico Aub, l’uomo che ha inventato questa scienza e che possiede un
sorprendente intuito nello svilupparla, sostiene che ha quasi risolto il
problema. E si tratta solo di un tecnico. Un uomo come lei, un matematico
esperto e di talento, non dovrebbe incontrare difficoltà.»
«Radice
quadrata», mormorò fra sé e sé Loesser, suo malgrado affascinato.
«E pure quelle cubiche.
Allora, è dei nostri?»
La mano di Loesser scattò
in avanti: «Contate su di me.»
* * *
continua...