venerdì 3 gennaio 2025

Incomprensibile


 racconto di (abbastanza) fantascienza di Marco Scaldini


INCOMPRENSIBILE

 L’enorme cannoniera di Synopsis IV si pose in orbita attorno al pianeta sconosciuto ma supposto nemico attendendosi un altro attacco improvviso.

Invece non accadde niente. L’astronave spense i motori e si pose in attesa. A bordo c’era nervosismo ma gli scudi deflettori erano attivi e se l’attacco fosse stato di forza pari al precedente non avrebbero avuto problemi a resistere senza danni.

Ma continuava a non succedere niente. Assolutamente niente.

Trascorse un lasso di tempo giudicato congruo dal comandante della spedizione, che si riunì con i due vice.

«Cosa mi sapete dire del pianeta?»

«Molto somigliante al nostro. Più piccolo ma all’apparenza senz’altro abitabile. Abbiamo individuato altri satelliti artificiali in orbita. Simili a quello che ci ha attaccato.»

Aveva parlato Semeris, il più anziano dei due, biologo e genetista.

«E già abbiamo provveduto a prelevarne uno, risultato inoffensivo, per esaminarlo», aggiunse il giovane Gomora, storico e psicologo.

«Con quali risultati?»

Il comandante della spedizione, un uomo alto e magro, con pochissimi capelli e dalla postura un poco ingobbita, faticava a mantenere un atteggiamento distaccato. Si erano avvicinati a quel pianeta sconosciuto su sua indicazione, e il fatto che fosse stato lanciato contro di loro un missile atomico lo aveva messo in grave difficoltà. Se ne fosse derivata una guerra, la responsabilità sarebbe ricaduta su di lui.

«Si tratta di un satellite adibito alle comunicazioni, da quello che sembra. Sicuramente non funzionante da tempo e in avaria.»

«Reazioni alla nostra presenza?»

«Nessuna.»

«Avete intercettato comunicazioni?»

«Sembra un pianeta morto. Oppure usano schermature che ce le nascondono. Ma anche le analisi spettrografiche della superficie non rivelano centrali di energia in funzione.»

            Panorbio rimase pensieroso. Andarsene sembrava la soluzione più comoda. Danni non ne avevano subiti e mandare una navicella in esplorazione poteva esporli a dei rischi inutili; d’altronde lui era il comandante di una nave da guerra e abbandonare il campo non costituiva certo un punto a suo favore. Se poi altri dopo di lui si fossero avventurati su quel pianeta e avessero scoperto che proprio lì si trovavano le risorse di cui erano in cerca, la sua carriera poteva dirsi conclusa.

            «Mandate un droide.»

            «Da combattimento?»

            Panorbio esitò solo un attimo. Poi si affidò all’istinto.

            «No. Culturale.»

* * *

            Trascorsero otto dei giorni misurati sulla rotazione di quel pianeta, poi il droide inviò le coordinate per guidare l’atterraggio dell’astronave. Non sussistevano, a suo giudizio, pericoli di aggressioni armate.

            Una volta che la cannoniera fu atterrata e il droide si trovò alla presenza del capitano e dei vice, gli vennero richieste maggiori informazioni.

Il droide si mostrò però stranamente reticente.

            «Posso essere esentato dal relazionare e invitare il comandante ad abbandonare senza indugi questo luogo, una volta raccolto l’argento che cerchiamo e di cui il pianeta è sufficientemente ricco?»

            Panorbio trasalì.

            «Siamo in pericolo di essere attaccati?»

            «In nessun modo. La popolazione è del tutto inoffensiva. A questo proposito posso anche certificare che il presunto attacco atomico da noi subito è stato un episodio completamente accidentale. Il pianeta non è più in possesso di quella tecnologia: un vecchio satellite ormai privo di controllo deve aver attivato i sensori di prossimità al nostro arrivo e lanciato la testata.»

            «Che significa che non è più in possesso della tecnologia?»

            «In passato questo pianeta, che i suoi abitanti chiamano Terra, ha raggiunto il grado 17,86 della scala di sviluppo Nerkol. Adesso è regredito fino al grado 5,18 ma restano ampi archivi che, seppure danneggiati, ho potuto consultare per ricostruirne la storia.»

            «Motivo del regresso?»

            «Una guerra nucleare.»

            «Si conosce il nome degli attaccanti?»

            Il droide assunse di nuovo l’espressione di palese imbarazzo.

            Panorbio lo esortò a continuare: «Se non sei riuscito a recuperare tutti i dati non devi fartene una colpa...»

            «Non è quello, comandante, bensì il timore di non essere creduto.»

            «Non hai un’ipotesi adeguatamente suffragata?»

            «Al contrario, le prove sono sovrabbondanti.»

            «E allora?»

            «Il conflitto nucleare è avvenuto all’interno del pianeta stesso!»

            Alcuni secondi di assoluto silenzio seguirono a quella affermazione.

            Gomora aprì bocca più volte senza riuscire a dire niente. Infine parlò Panorbio.

            «Ma la legge di Goinon parla chiaro...»

            «Se una civiltà è sufficientemente avanzata da costruire una bomba atomica, lo è anche da capire che non va usata sul proprio pianeta», chiosò Semeris.

            «Incomprensibile», riuscì alfine a dire Gomora.

            «Eppure i documenti parlano chiaro: fin dal suo primo uso la bomba atomica venne utilizzata in un conflitto interno al pianeta», ci tenne a precisare l’androide culturale Quaro, affinché ogni dubbio venisse rimosso.

            «Incomprensibile», ripeté Gomora.

            «Molte delle dinamiche di questo pianeta, per quanto ho potuto desumere dagli archivi, non rientrano in schemi conosciuti.»

            «Cerca di farci capire meglio», lo esortò Panorbio.

            «L’amministrazione del governo, per esempio. Ci troviamo adesso in quella parte di mondo che, almeno prima della catastrofe nucleare, era chiamata Italia.»

            L’androide proiettò un’immagine tridimensionale del pianeta Terra, con l’indicazione delle terre emerse, una piccola porzione delle quali era evidenziata.

            «Come vedete si tratta di una parte trascurabile dell’intera superficie. Eppure soltanto questa Italia era suddivisa in venti zone amministrative più piccole, a loro volta suddivise in un centinaio di parti ancor più piccole, a loro volta suddivise in diverse migliaia di territori minuscoli, molti dei quali più piccoli della nostra nave. E gli abitanti votavano per eleggere gli amministratori del governo centrale, poi delle venti zone chiamate regioni, poi di quelle più piccole dette provincie e infine dei pulviscoli nominati comuni.»

            «Avranno sicuramente avuto un’ottima amministrazione, visto che era così assurdamente capillare», sbottò Panorbio.

            «Non proprio. Dalle centinaia di migliaia di cronache locali che ho memorizzato traspare come questi italiani si lamentassero perennemente del malgoverno di amministrazione centrale, delle regioni, delle provincie e dei comuni.»

            «Avranno cambiato spesso i loro politici», dedusse Gomora.

            «Non proprio. Da quanto ho potuto appurare, ogni volta gli italiani votavano nuovamente coloro dei quali si erano lamentati fino al giorno prima.»

            «Incomprensibile», scappò detto per la terza volta a Gomora.

            «Non ho voluto neppure calcare la mano sugli aspetti più enigmatici della civiltà, se così vogliamo chiamarla», aggiunse in tono sommesso Quaro.

            «Perché, ci sono forse episodi ancora più incomprensibili?» Panorbio sembrava scettico.

            Quaro proiettò allora un’altra immagine tridimensionale. Si vedeva un campo verde circondato da un’arena in cui si accalcavano migliaia di persone. Sul campo verde si muovevano alcune figure.

            «Cosa fanno? Prendono a calci una sfera?»

            «Esatto. Si chiamavano appunto calciatori. E per questa azione venivano pagati cifre altissime, tanto da essere fra i più ricchi della società. Notate il numerosissimo pubblico presente e considerate milioni di altri abitanti che seguivano a distanza.»

            «Incomprensibile», non poté fare a meno di borbottare Gomora.

            «Ma la gente comune» interloquì Semeris «di cosa si interessava, con cosa si soddisfaceva, visto che sopportava di buon grado amministratori incapaci?»

            Di nuovo Quaro esitò, evidentemente convinto che la sua risposta avrebbe suscitato incredulità.

            «Ecco... qui in Italia pare che l’interesse maggiore risiedesse nel... cibo.»

            «Nel cibo?» esclamarono all’unisono il comandante e i suoi vice.

            Il silenzio esterrefatto durò stavolta a lungo.

            «Ma il cibo serve per nutrirsi» soggiunse infine il comandante, come se stesse spiegando a un bambino che con il fuoco ci si brucia.

            «Non proprio. Questi terrestri, e pare gli italiani in particolare, dedicavano molto del loro tempo e delle loro attenzioni alla preparazione e alla degustazione di ciò che mangiavano. Da una analisi sociologica sommaria direi che erano disposti a sopportare il malgoverno, purché potessero assistere allo spettacolo dei calci alla sfera e fosse loro consentito di mangiare in abbondanza cibi di loro gusto.»

            Dopo una pausa ancora più lunga, Panorbio chiese: «Pur con tutte queste incomprensibilità, non capisco però perché suggerisci di allontanarci quanto prima da questo mondo. In definitiva adesso sono inermi, non sembrano essere mai stati dotati di grande acume e lo scopo della nostra missione è l’argento, che dovremmo poter raccogliere senza difficoltà.»

            «Non so.»

            Che un androide rispondesse non so era qualcosa di inaudito. I possessori di intelligenza artificiale, nella peggiore delle ipotesi, potevano esprimersi in termini di dati insufficienti e proiezioni difficoltose, ma che proclamassero con decisione una assoluta incertezza costituiva un evento unico.

            Nessuno dei presenti ebbe il coraggio di replicare, in attesa di ulteriori chiarimenti.

            «Da quando sono in possesso di questi dati continuo a lanciare modelli di previsione statistica sul successo della nostra missione, inserendo ogni volta nuove variabili o modificando quelle esistenti. Anche adesso, mentre parlavo con voi, ho proseguito in background la mia ricerca. Sono giunto adesso al modello 1.379.882. Ebbene, i risultati sono sempre incoerenti. Tutti i modelli, infallibilmente, giunti a un certo punto dell’elaborazione iniziano a fornire dati astrusi, oppure semplicemente si bloccano. È incomprensibile.»

* * *

            L’ufficiale Bordo, di ritorno al proprio appartamento dal suo turno di sorveglianza all’estrazione dell’argento, trovò la moglie e i figli in subbuglio.

            «Assaggia questo», gli disse lei, porgendogli uno strato sottile di materiale organico.

            «Che significa? Che dovrei mettere in bocca questa roba? Sei diventata matta?»

            «Ti dico di assaggiare. Fidati.»

            Con espressione schifata e diffidente, Bordo introdusse un piccolo pezzo di quella materia untuosa al tatto in bocca. Poi in breve tempo divorò tutto.

            «Ma cos’è? Droga? L’avrai mica data anche ai bambini?»

            «Sono loro che l’hanno riportata a casa per primi. Lo sai che di giorno giocano con altri bambini terrestri. Quando ho scoperto che mangiavano del materiale organico l’ho assaggiato pure io. Dopo sono andata a casa della loro madre e lei, in cambio di una torcia a illuminazione perpetua, mi ha spiegato come fabbricarla.»

            Bordo adesso era eccitatissimo e camminava in su e in giù per la stanza.

            «Ma è straordinario. Questa può essere la nostra fortuna: nessuno ha mai provato niente di simile. Torna subito da quella donna con altri regali, dalle tutto ciò che vuole: sistemi di riscaldamento, di illuminazione, tutto purché si impegni a non rivelare ad altri il metodo di fabbricazione di questa... questa cosa.»

            «Cosa hai intenzione di fare?»

            Bordo stava armeggiando con il computer di casa.

            «Ho già pronta la domanda da inoltrare all’ufficio autorizzazioni per iniziare la vendita del prodotto ed averne l’esclusiva.»

            «Ma ci costerà un sacco di crediti!»

            «Poco importa, fra poco avremo la fila fuori della porta di gente che vuole assaggiare questa... questa cosa. In breve saremo ricchi e potrò comprarmi la promozione a ufficiale superiore. Dammi tempo e prima che la missione sia finita non è escluso che anche quel borioso di Panorbio debba cedermi il posto. Mi manca soltanto il nome da inserire nel modulo di richiesta. Come la chiamiamo?»

            «Potremmo darle il nome originario che mi ha detto quella donna.»

            «E cioè?»

            «Pizza.»

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