«Diciassette.»
«E lei, onorevole?»
«Ventitre.»
«Bene! Aub, moltiplichi per favore quei numeri e sia così gentile da mostrare a questi signori il modo nel quale procede.»
«Sì, Programmatore» disse Aub, chinando la testa. Da una tasca della camicia estrasse un blocco notes e dall’altra una matita a punta fine. Corrugò la fronte, mentre tracciava con fatica dei segni sulla carta.
Il generale Weider si intromise bruscamente: «Mi faccia vedere.»
Aub gli passò il foglio di carta e Weider disse: «Direi che assomiglia al numero diciassette.»
Il deputato Brant annuì e osservò: «Sembra proprio di sì, ma credo che perfino io sarei capace di disegnare un diciassette passabile, perfino senza esercizio.»
«Signori, se solo voleste lasciar continuare Aub...» si inserì Shuman con tono piatto.
E Aub continuò, la mano che tremava un poco. Alla fine disse a bassa voce: «La risposta è trecentonovantuno.»
Per la seconda volta il deputato Brant estrasse il suo computer e picchiettò sui tasti. «Accidenti, è giusto! Come diavolo ha fatto a indovinare?»
«Non ha indovinato, deputato», rispose Shuman, «ha semplicemente calcolato il risultato su quel foglio di carta.»
«Sciocchezze», replicò il generale con impazienza. «Un conto è un computer e un altro dei segni sulla carta.»
«Spieghi lei, Aub» disse Shuman.
«Certo, Programmatore. Allora, signori, io scrivo diciassette e proprio sotto scrivo ventitre. Poi mi dico: sette per tre...»
Senza essere maleducato il deputato lo interruppe: «Aub, le ricordo che il problema è diciassette per ventitre.»
«Lo so» disse il piccolo tecnico con deferenza «ma inizio con sette per tre perché funziona in questo modo. Ebbene sette per tre fa ventuno.»
«E come fa a saperlo?» chiese il deputato.
«Lo so a memoria. Il computer dà sempre questo risultato, l’ho controllato moltissime volte.»
«Ciò non significa che sia sempre così però, non le pare?» replicò il deputato.
«Forse no», ammise Aub, «non sono un matematico per poterlo dire. Però ottengo sempre il risultato giusto, come ha visto.»
continua...
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