A proposito di un suo giocatore, non particolarmente sveglio, il grande Vujadin Boskov disse: “Io penso che sua testa buona solo per tenere cappello”.
Una definizione che si addice ai tanti calciatori beccati con le mani nelle scommesse. Giovanotti che guadagnano cifre enormi ma che finiscono per indebitarsi fino al collo e che gli strozzini trattano come pezze da piedi. (“Paga o ti faccio fare il muratore”).
La chiamano ludopatia, come ci spiegano illustri clinici chiamando in causa il vuoto esistenziale dei poverini miliardari. Ma, per caso, non sarà soprattutto coglionaggine (direbbe Boskov)?
A differenza dei tanti loro coetanei che eccellono in altri sport, ammirati e rispettati (prendiamo Jannik Sinner o Federica Brignone) i nostri calciatori riescono nella mirabile impresa di rendersi odiosi anche sui campi da gioco. Dove si esibiscono come i teatranti del wrestling quando non appena sfiorati in un normale contrasto di gioco urlano e si rotolano per poi giacere esanimi al suolo. Finché l’arbitro non punisce l’avversario e allora i teatranti resuscitano per incanto e tornano a zompettare come se niente fosse.
Antonio Padellaro Il Fatto 15 aprile 2025
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